La diplomazia quale reale strumento di Pace
30 Mag 2022 - Cultura
A seguito del Secondo conflitto mondiale le nazioni Europee sono state accomunate dal profondo desiderio di ristrutturare le proprie relazioni internazionali adottando un approccio pacifico, rinnegando le misure violente della guerra.
Il valore della pace è stato avvertito dunque come fondamentale ed innegabile, divenendo il punto di riferimento necessario per ogni relazione, che fra l’altro è alla base della costruzione dell’Unione Europea.
Tali principi sono stati però sentitamente turbati dall’avvio di un nuovo conflitto, intrapreso dalla Russia nei confronti del vicino Stato ucraino.
Per analizzare questa fattispecie occorre effettuare qualche passo indietro.
Era il 1° dicembre del 1991 quando in Ucraina ebbe luogo lo storico referendum che condusse il paese all’indipendenza dall’URSS, poco prima della dissoluzione di quest’ultima.
I cittadini si divisero adottando due prospettive ben diverse: da un lato vi erano quelli che speravano in un avvicinamento con l’Unione Europea e il mondo occidentale nel suo complesso, dall’altro c’erano coloro che auspicavano al mantenimento di un rapporto stretto con la Russia.
Le tensioni aumentarono quando il Presidente eletto nel 2010 Viktor Fedorovyč Janukovyč, non accettò di siglare un accordo di associazione con l’Unione Europea, un provvedimento che scatenò una forte reazione che sfociò nelle manifestazioni del movimento Euromajdan. Tali avvenimenti vennero percepiti in modo estremamente negativo dalla Russia. Nel febbraio del 2014 la zona della Crimea cominciò a registrare la presenza di truppe russe senza insegne e si palesò la volontà di rendere il territorio indipendente dall’Ucraina. Si svolse difatti un referendum, che ricevette molte critiche rispetto ai suoi termini di validità, e che determinò la secessione della Crimea dall’Ucraina e la sua conseguente annessione alla Russia.
Successivamente, nella zona del Donbass si organizzarono manifestazioni filo-russe, che produssero come risultato la nascita delle due repubbliche del Donetsk e del Lugansk, dichiarate indipendenti ma evidentemente legate a Mosca.
Nel 2022 il panorama internazionale è stato profondamente scosso dal constatare l’avvio di un ulteriore conflitto, sebbene quello precedente non si fosse mai effettivamente esaurito.
L’attacco russo, secondo alcuni dovuto alle tendenze ucraine di familiarizzazione con l’Occidente, nello specifico con la NATO, è iniziato il 24 febbraio e a seguito di tale data sono state molte le immagini a testimonianza delle violenze impartite sulla popolazione ucraina.
Il tagliente suono delle sirene, la fuga disperata di donne e bambine, la sofferenza, i bombardamenti, il sentirsi abbandonati e privati della propria abitazione, ormai sprofondata sotto le macerie.
Queste sono le fotografie della realtà attuale, che inducono dunque ad una riflessione cruciale e necessaria.
In tempi moderni, avanzati e sviluppati come quello attuale, la possibilità di ricorrere allo strumento di guerra per “dirimere” le problematiche internazionali non può essere considerata una via percorribile.
I crimini di guerra dovranno necessariamente essere accertati e sottoposti a giudizio, in quanto contrari alla regolamentazione del diritto internazionale e ad ogni forma etica e morale del comportamento umano, ma si delinea doveroso riflettere sul perché e sul come tutto ciò sia potuto accadere.
La storia ci insegna che l’utilizzo della violenza non è mai la risposta giusta ed in questo senso la diplomazia, in quanto risorsa fondamentale, deve essere considerata come l’unica scelta possibile con l’obiettivo di risolvere pacificamente ogni tipo di questione.
Ogni conflitto, a prescindere dal suo potenziale esito, è già nella sua progettazione una dolorosa sconfitta, poiché in quanto tale produrrà sempre delle vittime, conseguenze che al giorno d’oggi non possono che essere condannati.
Il dialogo, l’immedesimazione nell’altro essere umano, l’empatia e il rispetto sono valori che molto spesso consideriamo quasi scontati, ma la loro importanza deve essere necessariamente ravvivata, partendo dalle basi stesse di ogni forma di relazione interpersonale, da quella quotidiana fino a quella più elevata in ambito istituzionale.
La società umana nel suo complesso non deve, e non può, snodarsi nello stato di natura hobbesiano dell’ Homo Homini Lupus (ogni uomo è un lupo per un altro uomo), bensì occorre che essa riscopra i principi di collettività, vicinanza, cooperazione.
Questa riflessione potrebbe essere dunque riassunta da una celebre citazione di John Stuart Mill, filosofo ed economista britannico, che dichiara:
“Non c’è prova migliore del progresso di una civiltà che il progresso della cooperazione”.
La diplomazia, in conclusione, deve essere assolutamente esercitata a scapito di ogni forma di aggressività, e quest’ultima non dovrà mai essere considerata legittima, neppure quando ogni tentativo di mediazione pacifica sembra essere vano.